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Il Focus del primo numero della Rivista di Studi Politici 2015 ospita un dibattito sull’internazionalizzazione dell’università italiana, con un accento particolare sugli atenei privati, che nascono proprio con l’obiettivo di “svecchiare” il panorama accademico del Paese e di introdurre elementi di competitività con l’estero. L’occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2014-2015 dell’Università degli Studi Internazionali di Roma ha consentito una riflessione sullo stato di salute della formazione universitaria italiana e sul suo collegamento con il sistema economico. Antonio Iodice suggerisce come, contro la crisi economica che “morde gli Stati-nazione” dal 2008”, è dall’internazionalizzazione delle imprese italiane che si può ripartire. Egli individua nella “capacità di intessere legami internazionali” delle PMI la “virtù” che ha permesso loro di prosperare nel tempo. E da lì possiamo ripartire, “con la capacità di penetrare i mercati in crescita, di garantire possibilità occupazionali anche ai Paesi emergenti, ovviamente senza snaturare [l’]identità nazionale e locale.” In quest’ottica, fondamentale è “rafforzare il rapporto con il sistema universitario italiano e con i talenti che questo riesce a produrre.” Vincenzo Zeno-Zencovich traccia un quadro completo sul ruolo e la funzionalità degli atenei privati in Italia, auspicando un maggiore dialogo con le istituzioni e, soprattutto, il pieno riconoscimento di un lavoro quotidiano di formazione e ricerca, senza pesare su contributi statali ma mantenendo i medesimi obblighi, specialmente burocratici, che avviluppano le università pubbliche, le cui segreterie sono diventate nel tempo, a tutti gli effetti, “uffici periferici del MIUR”. Pier Luigi Belvisi affronta una tematica spesso sottovalutata: l’incidenza delle barriere linguistiche e culturali nel limitare gli scambi economici e la penetrazione commerciale di un’azienda in un Paese straniero. Proprio le Piccole e Medie Imprese soffrono per la carenza di personale specializzato nelle relazioni con culture ed economie altre, pagando alti costi di transazione e colpevoli ritardi nella definizione di accordi e convenzioni. Quanto più le aziende partner appartengono a Paesi “esotici”, tanto maggiori saranno le difficoltà e gli inciampi. Massimo Maria Amorosini, dall’osservatorio privilegiato della Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria Privata (Confapi), infine, individua specificatamente nell’export manager e nell’interprete le due figure lavorative centrali in un’ottica di internazionalizzazione delle Piccole e Medie Imprese, confermando la bontà della scelta operata da atenei come l’Università degli Studi Internazionali di Roma, quando abbracciarono il plurilinguismo come best practice per il futuro. Quel futuro sembra finalmente diventato un inevitabile presente.
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